“SECONDO ORFEA- quando l’amore fa miracoli”
Scritto da Margherita Antonelli e Marco Amato
Regia di Marco Amato
Con Margherita Antonelli
Supporto tecnico di Marco Elli
Questa è la storia di Orfea:
Orfea è una donna ,che vive a Gerusalemme nell’anno 1. Un tempo difficile per una donna sola, vedova di un centurione romano al seguito di Ponzio Pilato. Le giornate di Orfea si dividono tra il tempio, la fontana e quattro, lenzuola da stendere, chiacchiere con le altre donne.
Una vita consumata nella tranquillità all’ombra della sua casa. Ma un giorno vengono ad abitare vicino a casa sua, un coppia di giovani sposi. Lei è incinta. Si chiamano Giuseppe e Maria.Da quel momento la vita di Orfea non sarà più la stessa. I giovani sposi la coinvolgono in questo loro vortice, che sarà la vita del loro bimbo, del quale Orfea si prende cura quando la madre è affaccendata nel quotidiano. Si instaura un rapporto di profondo amore tra i due, dove la vita di Gesù è guardata con amorevolezza e buon senso , da una donna semplice e forte come Orfea.
La donna assiste alla crescita di questo Dio- Bambino, con la curiosità, la dolcezza , fermezza di molte madri che vorrebbero il meglio per il loro figlio. Con cipiglio sempre esuberante lei difenderà, sosterrà, criticherà e si addolorerà al seguito di questo ragazzo, il “suo Gesù”, come una madre attenta e amorevole. Lo ascolterà sulla montagna, lo difenderà da chi lo vuole denunciare, lo accudirà alla morte, e si rallegrerà di questo Dio che mantiene le Promesse….sino alla Resurrezione.
In scena una cesta, che diverrà il lettino della figlia di Giairo, la tomba di Gesù e tanto altro ancora, e delle lenzuola che saranno la tovaglia delle nozze di Caanan, il lembo del mantello dell’emorragica, il sudario di Gesù etc etc , uno sgabello e un tavolo. Oggetti semplici, per un Dio che ha usato pochi grani di senape, una pecorella , delle lanterne e poco altro per spiegare la grandezza del Padre.
Una visione , quindi, dei fatti del Vangelo, rivisitati e teneramente riletti da una donna semplice, concreta, come dovrebbe essere la fede , quella fede in un dio fattosi bimbo, ragazzo, adolescente e adulto. Una fede, quella di Orfea, fatta di cibo preparato con cura, di acqua presa alla fontana, di rimproveri benevoli, di cammini lunghi per ascoltarlo, di discussioni con gli scribi, di domande profonde , per difendere questo ragazzo un “po’ strano!”.
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